Nato a Milano il 23/08/1923. Puecher fu condannato a morte mediante fucilazione per aver
"promosso, organizzato e comandato una banda armata di sbandati dell'ex esercito allo
scopo di sovvertire le istituzioni dello stato.
A Puecher fu concesso di scrivere una ultima
lettera e di essere confessato.
Scrisse ai parenti:
« L'amavo troppo la mia Patria, non la tradite, e voi tutti giovani d'Italia seguite la mia via e avrete
compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale.
Perdono a coloro che
mi giustiziano perché non sanno quello che fanno e non pensano che l'uccidersi tra fratelli non
produrrà mai la concordia.
I martiri convalidano la fede in una vera idea.
Ho sempre creduto in Dio e
perciò accetto la sua volontà. »
L'esecuzione avvenne la notte del 21 dicembre 1943 nel cimitero nuovo di Erba.
Il
cappellano presente, il frate cappuccino Fiorentino Bastaroli, raccontò che Puecher
abbracciò uno per uno i suoi carnefici del plotone di esecuzione, dicendo loro di averli già
perdonati, e morì gridando «viva l'Italia».
Il padre Giorgio, anch’esso imprigionato per
attività contro il regime, fu liberato subito dopo l'esecuzione del figlio, ma arrestato
nuovamente a inizio 1944 con l'accusa di opposizione politica e condotto al carcere
milanese di San Vittore, dove subì torture e vessazioni.
Trasferito nel campo di prigionia
di Fossoli fu in seguito deportato nel campo di concentramento di Mauthausen dove
morì di stenti il 7 aprile 1945.